Emilio Patavini, per l'Indice, su Hope MirrLees
- Costanza Ciminelli
- 15 set
- Tempo di lettura: 1 min
Recensione sintetica e insieme ampia, includendo note biografiche e profilo artistico dell'autrice, sconosciuta in Italia e riscoperta grazie a Cliquot, sinossi di questo suo mirabile "fantasy folklorico", e interessanti parentele letterarie, tra Shakespeare, il vittoriano Goblin Market e, naturalmente, Tolkien.
Il romanzo rappresenta un unicum per letterarietà e miscellanea di generi: "abbandonate le premesse pastorali, il romanzo muta in racconto d'avventura, commedia, diario di viaggio e persino giallo giuridico, sfuggendo a qualsiasi tentativo di classificazione". La prosa "elegante ed evocativa", attraversata dal tipico humour inglese, sottile e sentenzioso, guida il lettore nel Paese delle Fate, identificato dall’autrice con il regno dei morti (la “gente silenziosa”).
Il confronto con Il Signore degli Anelli è scontato, ma, suggerisce Patavini, fuorviante, perché se come gli hobbit di J. R. R. Tolkien anche gli abitanti di Lud sono buffi e bizzarri come i nomi che portano (tutti tradotti in italiano), il romanzo ha più a che fare con Il sogno di una notte di mezza estate shakespeariano.
Pubblicato da Cliquot per Fantastica, la collana dedicata al fantastico da riscoprire, Lud nella nebbia è stato tradotto da Lucrezia Pei, con illustrazioni di Gaia Eloe Cairo.
Disponibile nella doppia versione Classica brossurata e Deluxe cartonata a tiratura limitata.
Recensione integrale:
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