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Immagine del redattoreCostanza Ciminelli

Marcello Fois, per Tutto Libri de La Stampa, su Lydie Salvayre

Una scrittura sperimentale e destabilizzante [che] sfida i "moschettieri" Carrère, Houellebecq ed Enard.


Profondo conoscitore della narrativa francese contemporanea, Fois colloca mirabilmente l'autrice francese, amata e premiata in patria, ma non altrettanto nota in Italia, nel panorama della letteratura nazionale a lei coeva. La pagina qui in rassegna è un estratto della sua accurata prefazione alla nuova edizione di Non piangere per i tipi di Prehistorica Edizioni, traduzione di Lorenza Di Lella e Francesca Scala.


A differenza di illustri connazionali, Salvayre non sembra affetta da alcuna tendenza narcisista, orgoglio nazionalista, bisogno di primeggiare. In compenso, è autenticamente innovativa, l'identità dei suoi romanzi emerge nitida e forte sia per lingua e stile ardimentosi, sia per contenuto ed espressione d'impegno.

Questo testo, ci riporta all'epoca della Guerra civile di Spagna. Montse ha quindici anni e, insieme al fratello José, decide di partire per la grande città, dove assiste agli albori della rivoluzione libertaria. Settantacinque anni dopo, davanti a un bicchiere di anisetta, racconta alla figlia gli eventi di quel periodo. Soffre di disturbi della memoria, ma conserva intatto il ricordo di quell’estate del ’36, in cui visse l’unica avventura della sua vita. Alle parole intime e delicate di Montse si intrecciano quelle granitiche di Bernanos che, nei Grandi cimiteri sotto la luna, ebbe il coraggio di scagliarsi contro le atrocità dell’esercito nazionalista, denunciando anche l’infame connivenza tra Chiesa e militari durante la guerra spagnola.


Recensione integrale qui:



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