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Francesca Maffioli, per il manifesto, su Éric Chevillard

Immagine del redattore: Costanza CiminelliCostanza Ciminelli

Aggiornamento: 7 mar


Ci sono domande letterarie che trovano (e offrono) risposte provocatorie, profonde, suggestive. E fantastiche, nel senso dell'alterità che il fantasy più colto autorizza a cogliere, cioè caleidoscopiche, in quella terra di confine tra filosofia, linguistica, finzione letteraria.

In Palafox, creatura proteiforme indefinibile, che potrebbe essere tutto, e non a caso protagonista di un "romanzo sul niente", in quel territorio ameno troviamo anche la poesia, simboleggiata "in carme e ossa» da un essere bizzarro che evoca l'origine, l'arché, l'essere arcano nella sua bellezza, stranezza e fragilità: "si ammalerà, muterà,

tenterà più volte la fuga, verrà inseguito, darà sfogo alla sua rabbia e

sarà lasciato al suo destino".

Maffioli acutamente osserva come il geniale divertissement sulla lingua si serva della lingua in modo magistrale, e come l'autore sappia scompaginare "il reale, le sue carte e le sue previsioni", tenendoci lontani "dall’illusione confortevole di poter vedere e conoscere ogni cosa secondo la presuntuosa esattezza che ci attribuiamo."


All'autore Éric Chevillard, la casa editrice Prehistorica ha dedicato un'intera collana, la Chevillardiana, inaugurata da questo testo, con la traduzione a cura dell'editore Gianmaria Finardi, francesista esperto e cultore della tradizione letteraria d'Oltralpe che trova in Prehistorica la sua più ampia divulgazione.


Recensione integrale:




Maggiori informazioni sul testo e sull'autore:

 
 
 

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